CAMPO Dl MARTE
Campo di Marte
(United Artists, 1973)
LINE UP
Alfredo Barducci -corno francese, flauto, pianoforte, organo e clavioline.
C. Felice Marcovetcbio -batteria e percussioni
Paul Richard (Richard Ursillo) -basso e voce solista in Terzo Tempo
Enrico Rosa -chitarre, mellotron e voce solista
Mauro Sarti -batteria, percussioni e flauto.
Registrato a Milano nel gennaio 1973 ai Recording Studio
Tecnici del suono: Gualtiero Berlinghini e Francesco Santamaria
Produzione: Enrico Rosa e "Grande Lila" for Liberty Productions S.r.l. Milano


1971: Enrico Rosa giovane chitarrista Livomese, fresco di studi classici e jazzistici,e Mauro Sarti (giá Verde Stagione) incontrano a Firenze un bassista di origini americane (Richard Ursillo), il polistrumentista Alfredo Barducci e l'ex batterista dei Califfi, C. Felice Marcovecchio.
II nome di Campo di Marte verrá piu tardi, in sala di incisione quando, ad album pressocchè concluso, i componenti si trovarono costretti a dare una sigla al loro progetto musicale. Cosí saltó fuori "Campo di Marte" in onore del quartiere cittadino: il disco, quasi in contrasto con il nome, doveva essere ( e in parte fu) un concept sulla stupiditá della guerra (cliché assai diffuso all'epoca) a cui fanno da contraltare quei mercenari turchi in copertina (l'immagine e tratta da una stampa scorta su un libro di storia da Rosa e dal produttore Borasi).
"Originariamente" racconta Enrico Rosa "i brani avevano titoli diversi (prologo, Epilogo, Alba, etc. ), cosí dicasi per la struttura.
Fu poi la produzione a decidere per quella suddivisione in tempi che conosciamo".
Particolaritá: Campo di Marte é la prima band italiana a suonare, dal vivo (ricordiamo i loro tour con il Banco) e in studio, con due batterie.
Enrico Rosa, compositore di tutte le tracce, dimostra un attento gusto per gli arrangiamenti.

L' eterogeneitá di Campo di Marte porta i suoi interpreti a sconfinare in altri territori, quali l' hard rock, la classica il jazz e la musica sudamericana, senza chiudersi negli stilemi del progressive contemporaneo.
Non mancano riferimenti (piu negli esiti che non nei presupposti) alIa colonna sonora: il tema arioso, trattato da legni e corno, del Secondo tempo risente di suggestioni morriconiane (Rosa racconta che la United Artists chiese espressamente di potere utilizzare il frammento per finalitá "cinematografiche") oppure il motivo portante del Sesto tempo (suonato dalla clavioline): il suo passo incatzante, adatto per uno spy-movie, rimanda alle scritture raffinate di John Barry, Henry Mancini o Lalo Schiffrin.
L'LP e affascinante proprio per la sua varietà. Pensiamo solo allo stile chitarristico di Enrico Rosa: l' elettrica sa spaziare dal sound cupo e gotico dei Black Sabbath con qualche scatto bluesy alIa Jimmy Page (Primo tempo) sino a certe assimetrie ritmico-armoniche, care al miglior Robert Fripp, per introdursi nei meandri dell'effettistica piú avanzata (quel suono "inscatolato" sempre nel Sesto tempo o le schitarrate all'inizio del Terzo). L "'acustica", invece, e causa ed effetto di atmosfere classiche (l'incipit del Quarto tempo e un dichiarato omaggio a Vivaldi), talvolta ai confini con la mediterraneitá piu gradevole del progressive tricolore.
La formazione classica emerge anche nel Quarto tempo, introdotto da un preludio per organo di chiara ascendenza bachiana (preludio n. 2 dal ClavicembaloBen Temperato) e movimentato dall'incursione della sezione ritmica
Tra i brani piu compositi, il Terzo: tre nuclei tematici che si ripetono due volte generando un puzzle caleidoscopico. Un tema pianistico su una scansione accordale discendente (assai suggestiva), con qualche cambio di tempo, muta i suoi connotati in una gatoppata alIa Banco, chiusa datla tipica cascata tra rullate di batterie chitarre urlanti e mellotron.
Ma le sorprese non finiscono: nel Settimo tempo si tentano altre strade. Dopo il breve preludio di chitarra giá ascoltato nel Quinto, si entra in un clima chiaramente crimsoniano tra sovraincisioni di flauti e mellotron, ma una chitarra distorta blues sposta l'attenzione su altre sonoritá. Un imprevisto staccato con una melodia suonata dai legni si scioglie nell ' apparente quiete che dara vita ad una frase di flauto su una bossanova.Il quadro, peró, subisce un 'ulteriore metamorfosi: siamo sconvolti da un funky dispari, co1orato dal sound dell'organo e di una Gibson Les Paul. Il modulo viene ripetuto due volte con qualche variazione.
L'originalitá o, la particolaritá, di questo disco va scorta soprattutto nella capacitá di introdurre materiali sonori distanti tra loro, inserendole in una prospettiva compositiva di alto livello, senza peró lasciare troppi debiti creativi a destra e a manca.
Ricordiamo che presso il Centro Studi per il Progressive Italiano di Genova e custodito e conservato il Fondo Campo di Marte.

Percorsi di ascolto
Maxofhone - omonimo
Indian Summer - omonimo
King Crimson - In the wake of Poseidon
Black Sabbath - Paranoid

Riccardo Storti